Faccio del mio meglio per non ripiegare e fare affidamento su confronti facili (alcuni potrebbero ululare”pigri”). Principalmente perché non sembra appropriato attribuire a una serie specifica-a volte, una voce specifica in detta serie-un concetto o anche solo un modo in cui una manciata di idee si intrecciano. Sicuramente potresti dire che ti ricordano un gioco o l’altro, ma fare di tutto e proclamare che x è come y perché… c’è il combattimento? O che un gioco sta chiaramente prendendo ispirazione da un altro semplicemente sulla base del fatto che un mondo ha uno specifico stile artistico o visivo? Ho capito; a volte i nomi più popolari dell’epoca-o di tutti i tempi-possono aiutare un lettore a radicare la prospettiva. O per lo meno, facendolo sembrare un po’più familiare e facile da capire di quanto potrebbe essere altrimenti. Potresti, se lo desideri, dire che sono già colpevole di questo. Facile da ridicolizzare che può essere (giustificato in alcuni punti) quando si fa frettolosamente affidamento su tali confronti, a volte si arriva a un gioco la cui presentazione e rappresentazione di determinate meccaniche rende solo un po’più impossibile evitarlo.
Quindi, pochi minuti dopo viene mostrata una fetta verticale del primo periodo di Tchia. Il personaggio del giocatore titolare scivola su un tratto dell’ambiente con un’icona verde familiare circolare accanto a lei per denotare la resistenza. E poi, dal nulla, la vista del personaggio-giocatore in grado di possedere non solo animali che vagano per il mondo aperto, ma oggetti inanimati in cima. Chi sapeva che sarebbe apparso un confronto con un riavvio della serie di cinque anni prima? Con ciò, è nato il mio titolo/titolo, nel bene e nel male. Ma suppongo che la rivelazione a sorpresa sia forse emblematica del proprio tempo passato con Tchia. Un’avventura open-world la cui natura emergente e sandbox ha finito per essere molto più interessante e curiosa da esaminare, rispetto alla geometria dei suoi ambienti. O la sua mancanza.
All’inizio del gioco questo era, tuttavia, significa che la giuria è ancora fuori su quanto dettagliata o complessa Tchia possa o meno arrivare fino all’esplorazione. L’unica consolazione è che la distesa di Tchia non è semplicemente quella delle sue isole, ma anche le profondità dell’oceano sembrano suggerire una sorta di verticalità inversa in cui i giocatori possono curiosare. Se non altro-e qui arriva un altro inaspettato confronto: il gioco, in particolare quando si tratta di muoversi, ha un tocco di Just Cause. In questo Tchia sembra meno interessata a punirti per aver fatto audaci balzi su vaste distese di terreno. Al punto che il rischio della fisica di gioco sembra attenuato in modo da incoraggiare questo atteggiamento più giocoso all’esplorazione. Che gioca bene in una delle caratteristiche più notevoli nella sua capacità di scambiare il controllo tra vari animali e oggetti allo stesso modo. Ciò che il gioco stesso chiama Soul Jumping.
Anche se questa meccanica è esclusivamente per scopi di movimento e poco altro, è una meccanica con un chiaro potenziale di rimpolpamento: l’unico elemento di Tchia verso cui mi sono ritrovato a gravitare naturalmente. Reso più accessibile dato il modo in cui il gioco utilizza un effetto di rallentamento su quel momento cruciale del trasferimento della propria anima da quella del tuo personaggio principale, a una noce di cocco, a un uccello che si libra sopra e poi di nuovo su un terreno solido. Inoltre, il fatto che uno possa fiondare l’oggetto che stai attualmente possedendo in aria, in modo da mantenere un accumulo di slancio, è un bel tocco. Tutto ciò, cosa più importante, proprio come la resistenza necessaria per planare in superficie, è governata da un metro che determina per quanto tempo questa capacità può essere utilizzata. Quindi, se segmenti successivi e isole successive da scoprire, appoggiati maggiormente a quella sottile deduzione simile a un enigma dell’attraversamento: quale sequenza di interazioni può aiutarti a raggiungere determinati punti su una mappa. Certo, questo deriva più dalla speranza personale piuttosto che da qualsiasi prova materiale vista finora, ma in teoria è il modo più logico con cui questo meccanismo può essere utilizzato. Dato l’aspetto flessibile e scorrevole di questi esempi introduttivi e il modo in cui Tchia, come notato, sembra più concentrato nel lasciar perdere i suoi giocatori.
Che alla fine è ciò che dovrebbe fornire qualsiasi mondo aperto. A parte le brevi distrazioni tramite un mini-gioco qui, o un momentaneo segmento stealth, nell’evitare un gruppo di nemici, là. Per lo meno, l’approccio insolito ma innovativo dello sviluppatore Awaceb all’attraversamento potrebbe impedire ad alcuni di respingere semplicemente questo gioco a prima vista. Il presupposto che il suo abbigliamento principalmente verde e la natura fin troppo familiare dell’esplorazione significano che questo gioco è puramente un’imitazione di ciò che è venuto prima. Certo, è difficile non ignorare le ovvie ispirazioni qui, non ultimo quando le icone e le istruzioni allo stesso modo sono presentate in modo troppo familiare. Ma fino a che punto Tchia può spingere questa meccanica di Soul Jumping? O come potrebbe essere più adatto a una descrizione: fino a che punto finisce per fiondarsi dall’oggetto animato all’oggetto inanimato allo stesso modo. È un’interpretazione ordinata, anche se insolita, dell’appeal sandbox a cui l’esplorazione del mondo aperto può tendere, ma che si spera finisca per essere utilizzato qui, a lunghezze sufficienti per il rilascio completo di Tchia la prossima primavera.