Potrebbe essere un po’strano dare il via alle cose con una critica — anche se ho le mie ragioni per farlo — mi preoccupo se i Sad Owl Studios hanno giocato troppo presto con ciò che sono stati chiaramente più che felici di rivelare , finora, per quanto riguarda la natura della loro ultima creazione. Come si svolgerà l’eventuale deduzione e la successiva rivelazione del loro imminente rompicapo basato sulla prospettiva, Viewfinder. Potrebbe essere una presenza nei trailer precedenti, nel tenere le cose nascoste per chi non lo sapesse e irremovibile nel provare la sua ultima demo con la minima conoscenza possibile: il modo in cui il gioco allude al cambiamento nell’ambiente circostante sembra il tipo di dettaglio vorresti tenere nascosto fino a molto tempo dopo.

Ci sono, naturalmente, due ragioni dietro questa decisione che si possono supporre: che Viewfinder ha effettivamente rivelato erroneamente troppo sulla sua vera natura troppo presto , o forse, che un tale cambiamento è il meno sorprendente dei turni a sinistra. Anche in mezzo a una realtà surreale, sebbene serena, che ti fa sovrascrivere lo spazio tridimensionale per capriccio-trasformando le polaroid 2D in nuove geometrie-l’idea che il gioco sia stato abbastanza addomesticato fino a questo punto? Qualunque di queste due deduzioni sia più vicina alla verità effettiva, il nocciolo della questione è che detta osservazione può alla fine rivelarsi tanto più irrilevante. Breve demo L’umile istantanea di Sad Owl Studio potrebbe essere, considerami a bordo: potrebbe volerci un po’per battere ciò che Viewfinder sta facendo quest’anno per quanto riguarda i giochi di puzzle.

Quella scossa di interesse potrebbe essere cosa personale e soggettiva: non sono estraneo a un buon gioco di puzzle o due su base annuale. E celebrerò quei pochi grandi esempi che vanno al di là delle dozzine di toni Sokoban e simili. Forse ciò che rende Viewfinder un caso interessante questa volta non è tanto la premessa del gameplay in sé, anche se questo fa la sua parte. Capire il punto/angolo ideale non solo per posizionare le immagini fisse acquisite, ma anche per catturarle con la tua fotocamera fiduciaria: un metodo provvisorio per tentativi ed errori i cui stati di successo e fallimento potrebbero essere marginali, ma raramente perdono gran parte di quell’attrazione allineare correttamente il tutto. E anche se il posizionamento non è del tutto preciso, per vedere se la propria ipotesi sarà sufficiente.

Anche nella sua forma più semplice, Viewfinder è uno di quei giochi il cui gameplay non puoi fare a meno di guardare in un certo senso di curiosa meditazione. Come funziona esattamente tutto questo sul back-end: che tipo di magia di programmazione e ritocco richiede questo livello di possibilità? Come qualcosa invano di Baba Is You, lo strumento centrale per la risoluzione di enigmi che governa tutto questo non è solo piacevole a livello estetico, ma anche puramente logico. Molto prima che il gioco ti istruisca a fare un ulteriore passo avanti e non semplicemente a disporre le tue immagini nel mondo esattamente come le trovi, ma forse ruotandole. Capovolgere forse l’inquadratura di una stanza piena di spazzatura apparentemente casuale, forse anche”svuotare”il contenuto di una foto che illustra nient’altro che un terreno solido. Ma terreno solido con uno strumento utile che adorna, allo stesso modo in cui si può svuotare un barattolo o una bottiglia.

Tale è l’intrigo su dove finisce il gioco di prospettiva e scala (se una cosa del genere esiste in questo caso), è facile allora spingersi fino a pensare troppo a certe soluzioni. Sebbene possa sembrare un’altra critica da parte del gioco, in realtà è tutt’altro. Un’altra conseguenza personale, anche se affettuosa, di essere stato investito così rapidamente nelle possibilità e nel probabile dilemma che certe sequenze diventeranno solo più complesse. Ciò che in realtà richiedeva poco più della semplice rotazione di una parte del livello dopo averne scattato un’istantanea, invece mi ha trovato stupidamente dedurre la necessità di realizzare una scala-o almeno una serie ascendente di piattaforme-con poco più che polaroid catturate. Le polaroid prendevano vita mentre finivano intonacate dappertutto. È utile che il mirino abbia una funzione di riavvolgimento nel caso in cui ti accorgi di aver fatto la mossa sbagliata-tieni premuto per riavvolgere manualmente o un rapido doppio tocco per tornare all’ultima azione degna di nota-o peggio, elimina accidentalmente il teletrasporto del rispettivo livello posizionando un’immagine su una vista selezionata dello spazio intorno a te. Ma ancora una volta, una tale supervisione amatoriale è possibile solo perché il gioco ti infonde già la sensazione che le cose diventeranno solo più strane e surreali a tempo debito.

E se la manciata di sorprese dell’ultima demo trova (di nuovo io non rovinerà) in cima sono solo un altro suggerimento che i Sad Owl Studios hanno idee molto più grandiose da rivelare, inutile dire che Viewfinder si preannuncia come qualcosa di gioioso su cui indagare. Come è stato fatto, sembra che il tie-in allentato dei registri audio e come l’inganno in prima persona, che definisce la realtà, potrebbe non sembrare così speciale ora come potrebbe essere stato un decennio fa. Quando qualcosa come Portal (più specificamente, il suo sequel) era ancora fresco nella mente. Il fatto che Viewfinder riesca ancora ad attrarre nonostante la sua singolare meccanica la dice lunga su come questo marchio di risoluzione di enigmi che cambiano prospettiva abbia così tanto potenziale emergente e deduttivo. Non da ultimo quando il gioco sta già suggerendo che tale cambiamento potrebbe finire per avere un impatto maggiore rispetto al semplice spazio fisico che ti circonda. Indipendentemente dal fatto che io finisca o meno per scendere nella fossa più profonda delle nozioni astratte-per costruire una scala con foto, non prive di senso che possono sembrare fuori contesto-è un segno che Viewfinder ha già un concetto meraviglioso al lavoro e uno che potrebbe contrassegnalo come il miglior lavoro di puzzle di quest’anno.

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